L’essenza mitica di Gillo Dorfles

di Mario Resca
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Direttore Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale

 

Rivedere qui, a Milano, Gillo Dorfles, in occasione dell’inaugurazione di un nuovo e promettente spazio culturale, rende percepibile il potere sintetico dell’arte. Una forza conferita dalla compresenza di passato e futuro: un intellettuale epico al cospetto di un giovane imprenditore, che crede e investe nella cultura. Un accostamento solo apparentemente antitetico. In realtà, un interessante spunto di riflessione sullo statuto stesso dell’arte, anche in un’ottica manageriale.

 

Credo profondamente – come mi è capitato di esprimere in più occasioni e in molte circostanze – sul potenziale rigenerativo della cultura sia dal punto di vista conoscitivo e ricreativo, sia da quello economico e di sviluppo. Investire nell’arte significa sostanzialmente prendersi cura della storia per consegnarla alle giovani generazioni, filtrata e arricchita dallo sguardo critico del presente. Uno sguardo rispettoso del passato e, nel contempo, attento all’ascolto delle voci della contemporaneità. Da questo incontro – cioè dalla valorizzazione della tradizione e dall’accettazione dell’innovazione – si genera la ricchezza non solo del territorio, ma anche dello spirito. In questo Gillo Dorfles è Maestro. E lo testimonia oggi a tutti noi, con la sua presenza fisica e metafisica.

 

Un autentico Cavaliere dell’Arte, che ha attraversato con passo intrepido e occhio ardito tutto il Novecento, muovendosi tra le avanguardie, senza mai sottrarsi all’esperienza diretta con e sulla materia. Intensa e vivacissima la ricerca e la sperimentazione di tecniche e di materiali, tra i più disparati: insoliti e consueti, attuali e primitivi, come attestato, per esempio, dalla lunga serie di monotipi digitali ritoccati a mano con colori acrilici. Gillo Dorfles vive e respira intensamente il clima intellettuale del suo secolo: gli incontri con numerosi intellettuali a lui contemporanei lo documentano.

 

Basti pensare all’amicizia triestina con Italo Svevo e alla frequentazione di Umberto Saba; oppure all’incontro con Gianni Monnet, Bruno Munari, Atanasio Soldati e Galliano Mazzon, con il quali, tra gli altri, alla fine degli anni Quaranta fonda il Movimento Arte Concreta. Ma è anche un uomo e un intellettuale che – pur apprezzando e onorando le radici culturali della sua cara Italia– si è sempre proteso audacemente, tanto con la mente, quanto con le braccia, verso il futuro. Pensiero e mani. Intelligenza e immaginazione. Ingegno e materia, intesa come volume tangibile, massa fisica, nella quale si esprime la sostanza concreta, solida e visibile della sua intensa e variegata produzione artistica.

 

Queste sono soltanto alcune delle infinite polarità che convergono nella genialità intellettuale e creativa di Dorfles. Lo documenta la ricca collezione di opere esposte, sintesi perfetta di una vita in fieri. Le presenze totemiche che emergono dai miscugli di colori delle sue composizioni e delle sue ceramiche, le tracce dal sapore rupestre delle sue acqueforti e i labirinti mandalici dei suoi mosaici paiono collocarsi nello spazio del mito.

 

Ma la summa di tutte le polarità si esprime nell’antica giovinezza di Gillo Dorfles. Un ossimoro dal quale noi tutti dovremmo trarre insegnamento. Infatti, come tramandano i racconti mitici e le leggende arcaiche, dalle rughe disegnate dagli anni stilla la fonte dell’energia del futuro. In questo senso la pittura di Dorfles è simile a quella di Apelle, pittore greco che, con pochi tocchi impressi con le mani alla materia, fece apparire l’effigie di Afrodite, dea non solo della bellezza, ma anche della trasformazione alchemica.

 

E l’Arte, come Afrodite, è passione e magica trasmutazione.

 

Questo Gillo lo sa.

 

 

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